DOTT. AMEDEO GIORGETTI

GRASSI IDROGENATI E RISCHIO CARDIOVASCOLARE

Crociata USA anti-grassi

Ancora nel 2002 l’OMS ha raccomandato di consumare più grassi insaturi che saturi, di ridurre i grassi idrogenati ed eliminare quelli trans perché pericolosi per lo sviluppo delle malattie cardiovascolari. Indicazione quest’ultima recepita ora dal New York City Board of Health, che dal 1° luglio vietano ai 22 mila ristoranti cittadini di servire porzioni con più di mezzo grammo di grasso artificiale trans, un’imposizione che potrebbe metterli in difficoltà dato il loro ampio uso, dalla frittura delle ciambelle a quella di hamburger e patatine. Un altro colpo assestato a questi condimenti nati dal processo d’idrogenazione degli oli vegetali, sviluppato nel primo Novecento come alternativa più economica a quelli animali, ampiamente usati dopo che per i grassi saturi si sono evidenziati negli anni Ottanta i rischi per le arterie e il cuore, e messi sotto accusa per le stesse ragioni dagli anni Novanta da studi clinici ed epidemiologici. Una decisione giustificata, stando anche a un’analisi pubblicata sul New England Journal of Medicine.

Aumentano le LDL e riducono le HDL
Per intendersi gli acidi grassi insaturi sono quelli degli oli vegetali; si definiscono così per la presenza di almeno un doppio legame tra gli atomi di carbonio e sono di due tipi, cis e trans, a seconda della posizione degli atomi d’idrogeno vicino al doppio legame: i secondi, più scarsi in natura, possono essere ottenuti attraverso processi industriali quale appunto l’idrogenazione degli oli vegetali. Così facendo diventano meno insaturi, grassi (solidi come le margarine) e oli parzialmente idrogenati, con un punto di fusione più elevato e meno instabili, cioè più resistenti a ossidazione e irrancidimento, utilizzati per friggere ma anche nei prodotti da forno, negli snack, nei dolci. Il problema è che i grassi trans sono anche più pericolosi di quelli saturi: entrambi incrementano il colesterolo dannoso LDL ma i primi riducono anche quello protettivo HDL, provocando un aumento più marcato del rapporto LDL/HDL.
In base a questo solo effetto si è calcolato che i grassi trans causino circa il 6% degli eventi coronarici degli Stati Uniti, e dato che i cittadini di New York (come gli americani in generale) assumono quasi un terzo delle calorie dalla ristorazione, eliminando tali condimenti in quest’ambito si salverebbero tra loro 200-500 vite all’anno. Un beneficio che sarebbe anche maggiore, considerando evidenze che suggeriscono che i grassi trans si associno a un incremento di coronaropatie superiore a quello dovuto agli effetti sulla lipidemia, legato ad altri meccanismi di tipo pro-infiammatorio e di alterazione funzionale dell’endotelio. Infatti secondo una stima recente sostituendo del tutto questi grassi artificiali con i più salubri insaturi si potrebbero evitare dal 12 al 22% degli infarti miocardici e delle morti per malattie cardiovascolari.

Rischio di etichette falsamente rassicuranti
Il dibattito è aperto, ci sono nutrizionisti per i quali queste sostanze sarebbero pressoché da eliminare dalla dieta degli Americani e, come aveva deciso la FDA nel 2003, dal 2006 va indicato il loro contenuto sulle etichette alimentari, con possibilità di scrivere “zero grassi” quando il contenuto è inferiore a 0,5 g per porzione. Industrie del calibro della Kraft e della Campbell hanno già riformulato la produzione, catene di ristoranti hanno detto di aver eliminato gli oli parzialmente idrogenati e la domanda si è spostata su alternative, come l’olio di soia a basso contenuto di acido linolenico (che si ossida facilmente), o quello di canola (olio di colza geneticamente modificato). Ci sono però nutrizionisti scettici sull’efficacia di tali misure, sia perché la dicitura “zero grassi” potrebbe indurre a un maggior consumo ritenendo che non ci siano rischi, sia perché ridurre solo i grassi trans serve a poco se non si tagliano anche i saturi e soprattutto le calorie totali: tanto da auspicare il conteggio di queste ultime sui menu dei ristoranti come mossa futura. Ma non si deve pensare che il discorso non riguardi anche noi mediterranei e italiani, utilizzatori di oli vegetali tra cui il re, quello d’oliva, e consumatori minori di grassi trans. Basti pensare a molti alimenti confezionati con etichette generiche, tipo grassi vegetali: tra l’altro, anche uno non artificiale e naturale come l’olio di semi di palma è ricco dei dannosi acidi grassi saturi a catena lunga.



Fonte
Susan Okie. New York to trans Fats: You’re Out! NEJM 2007;356: 2017-21.